INFERNALIA Ad Infernum

Videoinstallazione sul QUINTO CANTO dell'Inferno di Dante

Di Pino Quartana Vultaggio


Tre schermi accolgono lo spettatore sprofondato nel rosso e nel blu. Tre punti di fuga per accedere al secondo girone infernale. Tre sensi coinvolti per percepire l’infinità dantesca: l’occhio, l’orecchio e il desiderio del tatto. Tre dimensioni per ricordarsi il peso, il valore e la condanna del corpo nell’amore. Tre "strumenti musicali" accordati nell’orchestrazione delle passioni e dell’introspezione umana. Un trittico ideato per elaborare la diversità di linguaggi che si rincorrono nei versi del V canto dell’Inferno di Dante. E’ l’interpretazione contemporanea che del sommo poeta fa l’Officina Accademia Teatro con il progetto di videoteatro Infernalia Ad Infernum di Pino Quartana.

Uno progetto di videoteatro che, in realtà, è un’orchestra di sensi e sensualità in cui l’orecchio sposa la vista ed entrambi richiamano la tattilità della carne, diretti dall’eufonia dell’endecasillabo dantesco, declamato col massimo della naturalezza tramite il massimo dell’artificio.

La porta dell’inferno di oggi è il degrado urbano in cui lo smarrimento dell’anima è sempre più incombente, dove i palchetti di un teatro diventano una rovente lampadina solitaria che si perde nell’oscurità di luoghi anonimi in cui i corpi si abbandonano al vortice solipsistico di passioni consumate.

Comincia la sfilata delle anime che scontano la loro lussuria. La centralità della figura femminile domina l’occhio. La sensualità interrompe la fosca trama sonora di uno spazio occupato dal dolore per cedere il posto alla riappacificazione del “talento” con la “virtù”, del sentimento con la ragione. “Era de’ maggio” cantata da un elegiaco Battiato è lo spartiacque per l’ingresso di una dolce pietas che pervade lo spettatore. Un’operazione cardiaca è l’immagine per entrare nei meandri più reconditi delle passioni e legittimarle, anzi autorizzarle. L’amore come lente d’ingrandimento sul contenuto più intimo dell’umanità.

La stessa Francesca, anziché essere percossa dal vento del castigo, nuota in un turchese latore di serena consapevolezza dell’impossibilità al non-amore, un mare dove infinite mani si aprono, chiudono, sfiorano, stringono, danzano sull’estremo piacere della carne e della vita. E chi può guidare questo soave trapasso dalla condanna all’assoluzione se non la Poesia? Un Pasolini che corre e sorride benevolmente prende il posto dell’austero Virgilio nel labirinto del XXI secolo.

Infine, i colori espressionistici cedono il posto a quelli naturalistici e due piedi in corsa sulla ghiaia delle vie presenti dove «la vita è una lunga strada a piedi/ in scarpe prese  a prestito» (versi di Sandra Bianco).

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